Da Stalin a Putin: il lungo filo rosso della politica estera sovietica

L'Ucraina vuole l'EuropaLe vicende drammatiche dell’Ucraina che vedono pesantemente coinvolta la Russia di Putin ed in genere le prospettive dell’Europa dell’Est, richiedono a mio modo di vedere una riflessione sulla complessa storia della Russia poi URSS ed infine ancora Russia, al fine di comprendere le motivazioni ultime dei governanti di quel paese che nel corso della storia manifestarono una singolare continuità di vedute nella politica estera; a partire dalla Moscovia di Ivan il terribile fino a Stalin passando attraverso Pietro il Grande e Caterina II la Russia si espanse in continuazione conquistando prima l’Ucraina poi parte della Polonia poi i paesi Baltici (Lituania, Estonia, Lettonia) ed infine la Crimea e la Siberia, raggiungendo un’estensione enorme, maggiore di quella dell’Europa, sottomettendo brutalmente popoli diversi per etnia e religione e tenendoli uniti con il terrore. Piaccia o meno c’è un unico filo conduttore nella storia di quel paese ed il fatto che ancora oggi pur prendendo apparentemente le distanze da Stalin, Putin abbia imposto nei libri di storia la rivalutazione del dittatore lodato per la sua politica di potenza (non si dice nulla sui milioni e milioni di vittime della sua violenza) la dice lunga sulla sostanziale continuità della storia Russa, che ancora oggi appare lontanissima dalla tradizione europea sia per quanto riguarda la tutela dei diritti umani sia in politica estera. In questo contesto Gorbaciov e Yeltsin (pur in buona fede) appaiono più i liquidatori di una eredità fallimentare costretti dalle circostanze ad abdicare temporaneamente al ruolo di grande potenza e pertanto un’eccezione! Il mio pensiero non può non andare nel secolo scorso alle sanguinose repressioni e massacri di intere popolazioni vedi i Kulaki, ai trasferimenti forzati voluti da Stalin alle fucilazioni in massa di intere categorie di persone, ed alla durissima persecuzione religiosa per non parlare della repressione ad opera delle forze armate dell’URSS delle rivolte di Berlino nel 1956, di Praga nel 1968, di Budapest nel 1956 ed indirettamente nello stato di emergenza in Polonia nel 1981. Sostenere questo non significa avere una pregiudiziale ostilità verso la Russia (spesso prigioniera di dittatori sanguinari) nè auspicare un ritorno alla guerra fredda o “alla pesante cortina di ferro” citata da Churchill, ma più semplicemente prendere atto della sua storia, dei suoi drammi, della sua sostanziale estraneità alla cultura occidentale (ancora oggi il dissenso e la libertà di espressione sono conculcati) e capire perché tanti ucraini giovani e meno giovani sono morti o hanno rischiato la vita nelle piazze di Kiew per testimoniare la loro comunione con l’Europa che non può tradirli senza rinunciare alla propria dignità. La real “politick” può e deve avere dei limiti precisi!!