30 anni dalla morte di Berlinguer: un leader ma non un patriota

Anche oggi andrò controcorrente ma l’apologia  di Enrico Berlinguer apparsa su Rai storia, su molti quotidiani e mass media mi ha indotto a fare una riflessione che sicuramente riuscirà indigesta a molti esponenti della sinistra. Innanzitutto pur nel dare atto della tempra morale del leader comunista e della sua abnegazione, non posso però tacere l’ipocrisia di coloro che a distanza di 30 anni dalla sua morte lo indicano come precursore della cd “questione morale”e difensore della democrazia. A parte ovvie considerazioni sui suoi timidi distinguo concernenti le violazioni dei diritti umani nei paesi dell’est europeo (mai una parola chiara sui gulag ad esempio) e  la sostanziale copertura data alle nefandezze dei regimi comunisti dei quali si considerava “criticamente” parte in una ottica occidentale, rimane il grave fatto che la questione morale invocata da Berlinguer per l’Italia, dimenticava volutamente l’altra grave questione morale costituita dal pluridecennale finanziamento illecito dell’URSS al PCI, da Belinguer conosciuto ed utilizzato come tutti i segretari comunisti e non bloccato. Se a quanto sopra si aggiunge che detti finanziamenti provenivano dall’URSS paese nemico dell’Italia (si era ancora in piena guerra fredda) ed il nostro paese aderiva al patto atlantico, contro il quale l’unione sovietica dispiegò nel 1979 i suoi missili, sostenuta dall’allora PCI, si fa fatica a considerare Berlinguer un cittadino esemplare, sicuramente una persona che credeva nei suoi ideali ma compromesso pesantemente con il sistema comunista internazionale di cui favoriva le posizioni (vedasi per tutte le dure battaglie nel paese contro la Nato). E che dire delle polemiche con Cossiga presidente del Consiglio nel 79 – 80 che autorizzò l’installazione dei missili a nostra difesa. In conclusione: politico appassionato? Certamente. Alta statura morale? Probabilmente sì. Patriota? Direi proprio di no!!!!