La scuola non basta per educare gli immigrati alle regole del Paese che li ospita

Resoconto della serata targata La Bologna che c’è dedicata al tema dell’ immigrazione

serata_integrazioneLa scuola ha un ruolo importante nell’educazione delle giovani generazioni di immigrati, ma da sola non basta, questo è stato il parere concorde che gli ospiti al dibattito “l’integrazione inizia dalla scuola” hanno spiegato ognuno per la propria esperienza. Il dibattito è stato organizzato dalLa Bologna che c’è il gruppo che si propone di evidenziare temi che stanno particolarmente a cuore ai bolognesi e in alcuni casi anche agli italiani. Ha condotto la serata il giornalista Massimo Ricci. Souad Sbai, presidente di Acmid (Associazione della comunità marocchina delle donne in Italia) ed ex deputata del Pdl, è stata ospite in collegamento da Roma poichè impossibilitata a venire personalmente all’incontro per motivi di sicurezza.
Souad Sbai ha parlato di come la libertà dell’individuo sia stata intaccata, e la sua assenza fisica all’incontro ne è una prova. Un aspetto ancora più preponderante proprio alla luce degli ultimi episodi terroristici in Francia. E’ da 10 anni che Sbai condanna questo estremismo, spesso ignorato sia dalla politica di ieri che di oggi. Secondo la Sbai siamo arrivati ad un punto di vulnerabilità che dovrebbe metterci nell’ottica di fare controlli sempre più accurati se non vogliamo essere preda degli estremisti, che pensano di poter stravolgere le identità dei Paesi che li ospitano. “Il problema dell’integrazione va anche studiato alla luce delle origini dell’Islam – ha detto Fabio Garagnani, portavoce
della Bologna che c’è – . Una religione che non ha mai avuto la giusta evoluzione ed è rimasta per certi versi ad uno stadio primitivo. La scuola, – continua Garagnani – potrebbe contribuire ad arginare il problema integrazione se rivisitata, iniziando nel considerarla non un’agenzia occupazionale ma un’agenzia educativa, attraverso cui gli insegnanti
dovrebbero essere in grado di trasmettere la storia e i principi del nostro Paese senza pregiudizio alcuno”.
Lorenzo Tomassini, Consigliere comunale Bologna, non si sente ottimista verso un’integrazione che metta d’accordo tutti. I numeri sono sempre più alti tanto che, solo a Bologna, ogni quattro italiani c’è uno straniero. A suo avviso le regole sono fondamentali per arginare i barconi che arrivano e tutto ciò che ne consegue. La scuola è sicuramente
importante per trasferire in primis la lingua che è lo strumento che permette di imparare la nostra cultura, ma da sola non riesce ad arginare il fenomeno, Tomassini è dell’idea che bisogna cominciare a chiudere le porte.
Giovanni Salizzoni, Ex vicesindaco di Bologna ha mostrato la carta comunale: un opuscolo fatto appositamente per gli stranieri che vengono in Italia che fino a poco tempo fa veniva distribuito insieme alla carta d’identità all’immigrato straniero. Una soluzione educativa, se vogliamo, che racconta i principi fondamentali su cui si basa la nostra cultura
italiana. Il principio base è l’accettazione reciproca delle regole che governano questo Paese. Salizzoni ha sottolineato come non si possa parlare di integrazione quanto di insediamento, poiché la prima si raggiunge spontaneamente in seguito alla volontà di una delle parti di diventare come l’altro e avviene in tempi molto lunghi.
La scuola può aiutare le prime generazioni secondo Ermanno Pavesi, Assessore alla cultura del Comune di Monzuno, il problema rimane per le seconde generazioni. Pavesi ricorda come i flussi migratori ci siano sempre stati, basti pensare a quanti connazionali sono andati in America nel 1800. In ogni caso, secondo Pavesi, oggi siamo preda di un lassismo che lascia le moschee ad un’autogestione che può solo creare disordini se non azioni più pericolose.